“Orandum est ut sit mens sana in corpore sano”

La sola cosa auspicabile è che ci sia una mente sana in un corpo sano

Giovenale “Satirae”, X, 356


a cura di Antonetta Cerasale e Anna Maria Savino

 

La scuola è il luogo dove effettuare prove tecniche di vita. Siamo così convinte che questa nostra affermazione-definizione sia estremamente fondata che ogni giorno, spinte dalla consapevolezza di essere educatori, ci rechiamo:

-        in quel luogo dove si incontra una  molteplicità di genitori, ognuno dei quali portatore di esperienze, problematiche, certezze e insicurezze;

-         in quello stesso luogo dove si interagisce con bambini che,  giorno dopo giorno, anno dopo anno,  si affacciano alla vita pieni di curiosità e desiderosi di apprendere tutto e subito;

-         in quel  luogo dove preadolescenti provenienti da ogni estrazione sociale, con differenti e variegati bagagli culturali iniziano a voler affermare il proprio Io,  perseguendo a tutti i costi la propria visibilità,  legittima e dovuta  a volte, però, negata,  anche opponendosi a  coloro che fino al quel momento hanno percepito come i migliori esempi possibili da imitare: il papà e la  mamma.

Qui intendiamo esporre, anche se  sicuramente non in maniera esaustiva, la  rilevanza e il valore   della pratica sportiva e dell’attività motoria che,  unite ad una corretta alimentazione,   all’apprendimento formale, informale e non formale   possono contribuire ad una  formazione  completa e armonica di  futuri uomini e  donne.

La scuola è un passaggio obbligato attraverso il quale ogni bambino, trascorrendovi  alcuni anni della sua vita, potrà essere istruito, educato e formato e dove dovrà trovare l’opportunità   di costruirsi una sua personalità. Questa gli permetterà di affrontare la lenta  uscita dalla famiglia dalla  quale  dipende e che gli ruota  attorno in maniera quasi esclusiva per proteggerlo, per avviarlo  ad una progressiva autonomia e verso  una realtà nella quale avrà un ruolo e agirà autonomamente: la vita.

In concorso con tutte le discipline scolastiche, l’attività fisica e sportiva  aiuta il piccolo individuo a star meglio fisicamente e moralmente sia con se stesso sia con gli altri, contribuisce a creare un’identità equilibrata della persona, dà uno strumento di benessere volto a migliorare la qualità della vita personale, collettiva e sociale.

La pratica sportiva ha in sé quei valori che conducono al confronto schietto, sincero e gioioso, all’incontro corretto e al rapporto amichevole. Insegna a vincere senza arroganza e perdere senza  irritazione e astio, aiuta ad instaurare gli scambi interpersonali in maniera equilibrata e armoniosa.  Più che mai, quindi,  anche l’attività motoria e sportiva, proprio per queste sue intrinseche qualità, può concorrere efficacemente ad affermare la cultura della condivisione, dell’accettazione e dell’integrazione.

La Scuola deve impegnarsi a offrire  queste attività che permetteranno agli studenti di comprendere che è possibile  raggiungere   obiettivi comuni   agendo con spirito di gruppo,  con lealtà e tolleranza e, contemporaneamente, essere stimolati ad alimentarsi e a vivere in modo sano.

 

Il mancato sviluppo delle abilità motorie e delle capacità coordinative nel periodo compreso tra i 6 e i 12 anni, è ritenuto una perdita difficilmente colmabile in età successiva. L’educazione motoria deve, quindi, rappresentare un obiettivo irrinunciabile della scuola primaria e secondaria nella consapevolezza che corpo e mente sono due aspetti inscindibili della persona e che una crescita armonica si realizza solo attraverso lo sviluppo integrato e non dicotomico delle due dimensioni.

E’  ferma  convinzione  che il desiderio di pratica e di competizione sportiva è avvertito da tutte le persone, quindi, anche  da quelle che posseggono abilità diverse. Lo sport rappresenta per tutti  aggregazione, socializzazione, desiderio di gareggiare. Lo ricorda la legge 104 all'art. 23 che afferma e sostiene l'importanza delle attività di tempo libero per la qualità della vita di questi bambini e bambine e ribadisce il loro diritto alle pari opportunità. Con grande soddisfazione, ancora oggi a distanza di qualche anno, ricordiamo gli ottimi risultati conseguiti dai nostri alunni nella categoria “habilis” a Lignano Sabbiadoro dove si svolgono le finali nazionali dei Giochi Sportivi Studenteschi per questa categoria.

In tale prospettiva, oltre  a quella di istruire ed educare, la scuola si arricchisce ulteriormente:
- come luogo di aggregazione sociale anche pomeridiana, in un territorio come il nostro molto carente per gli adolescenti in questo ambito;
- luogo dove apprendere i fondamenti della sana alimentazione e di un corretto stile di vita che inducano a rivedere gli errori dell’alimentazione;
- come  luogo privilegiato di esperienza formativa dove possono essere consolidati valori quali il civismo e la solidarietà, tanto più essenziali oggi, e quanto mai necessari contro i pericoli dell’isolamento, dell’emarginazione sociale, della devianza giovanile.

Riconosciamo il bullismo

Molti sono i recenti fatti emersi sul disagio giovanile e sul bullismo, fenomeno in crescita esponenziale nelle scuole. Questo fenomeno che inizia ad emergere nelle classi della scuola primaria e secondaria di primo grado con  comportamenti di disturbo, d’irrequietezza, di iperattività, di difficoltà di apprendimento e di attenzione da parte di qualche alunno  prosegue nel giovane con il mettere in evidenza  la sua difficoltà di inserimento nel gruppo ed il conseguente abbandono scolastico,  che, in casi estremi, sfocia  nella devianza sociale ed in comportamenti trasgressivi verso sé e verso gli altri.

Ma cos’è il bullismo?

“Il bullismo è un fenomeno complesso che andrebbe affrontato cercando di evitare atteggiamenti semplicistici, quali ad esempio l'estremo "giustificazionismo" nei confronti di chi agisce con prepotenze ("era una ragazzata", "volevano scherzare", "non pensavano che....", ecc.) o l'enfasi vittimistica e drammatizzante in cui si tende a negare la pur minima corresponsabilità di chi subisce o del contesto socio relazionale in cui il bullismo cresce e si manifesta. Anche se i singoli episodi di prepotenza coinvolgono pochi bambini o ragazzi, il bullismo è sostanzialmente un fenomeno sociale che coinvolge il gruppo dei pari e la comunità di appartenenza dei soggetti coinvolti, pertanto la sua riduzione passa anche attraverso il rafforzamento della cultura della legalità e della responsabilità, individuale e collettiva”. Oliviero Facchinetti[1]

Il termine bullismo è la traduzione italiana del termine inglese " bullying " letteralmente significa “intimorendo” “che incute timore”,  è utilizzato per raggruppare un insieme di comportamenti in cui qualcuno  fa o dice cose per dominare  altri, esercitando un’oppressione psicologica o fisica, ripetuta e continuata . Nel significato inglese del termine  vengono compresi sia i comportamenti del "bullo" che quelli del  "perseguitato"

Purtroppo, anche se i “bulli” che agiscono con prepotenza hanno vissuto o vivono condizioni di disagio psico-emotivo e socio-educativo, con il loro comportamento causano sofferenza alle “vittime” che, in alcuni casi, diventano una specie di capro espiatorio delle rabbie del “bullo” o del gruppo che fa a lui capo. Il bullismo è quindi sempre espressione  di disagio e di malessere. Il problema, però, riguarda anche coloro che sanno, assistono e non intervengono.

L’educazione motoria e sportiva può rappresentare una corsia privilegiata per combattere anche questo fenomeno ormai sociale. Preadolescenti che presentano scarsa autostima, presunta o costruita dall’ambiente nel quale vivono, possono sicuramente potenziarla con l’aiuto di figure adulte di riferimento in grado di ascoltarli, guidarli e di essere presenti empaticamente.

Riteniamo di  fondamentale rilevanza l’inserimento delle iniziative  a carattere motorio e sportivo all’interno di un percorso curriculare in stretto collegamento con altre aree disciplinari e con l’educazione alla convivenza civile in tutte le sue accezioni relative al benessere psico-fisico degli allievi nel quadro di un armonico sviluppo della personalità.  

Il progetto sviluppato dai docenti di Sostegno, diplomati ISEF, e Educazione motoria e sportiva e finanziato dal Ministero della pubblica Istruzione e dalla Direzione Scolastica Regionale per la Campania  Scienze motorie e sportive nella scuola” nasce  non solo da queste iniziative  ministeriali e regionali inerenti alla collaborazione della scuola in materia di attività sportiva, ma anche da una pregressa e reiterata pratica sportiva, fisica ed attività motoria che negli anni, almeno dieci, è stata inserita costantemente nel Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto, inizialmente solo nella scuola secondaria di primo grado con i Giochi Sportivi Studenteschi e successivamente con l’offerta di consulenza alla scuola primaria,  alle sole classi  quinte. L’approvazione del progetto ha permesso di ampliare la consulenza di attività motoria a tutte le classi terze e quarte della scuola primaria di tutti i plessi dell’istituto e di potenziare l’orario della pratica sportiva nella scuola secondaria con l’inserimento di un corso per arbitri per pallavolo rivolto agli alunni delle classi terze. 

 

         Breve storia dello sport con particolare riferimento all’aspetto pedagogico

Il termine sport ha una lunga storia, traendo origine addirittura dal termine latino deportare che tra i suoi significati aveva anche quello di uscire fuori porta, cioè uscire al di fuori delle mura cittadine per dedicarsi ad attività sportive. Da questo termine derivarono il provenzale e lo spagnolodeportar e il francesedesporter (divertimento, svago); da quest'ultimo prese origine nell'inglese del XIV secolo il termine “disport che solo successivamente, intorno al XVI secolo, venne abbreviato nell'odierno “sport.

Lo studio dello sviluppo dello sport nella storia umana e le sua quasi onnipresenza nell’educazione anche se, come vedremo per scopi totalmente diversi da quelli che fin’ora abbiamo esposto, può darci significative indicazioni sui cambiamenti sociali intervenuti nel corso dei secoli e su quelli riguardanti la concezione stessa dell'attività sportiva nelle varie culture.
La concezione dello sport come attività che coinvolge le abilità umane di base, fisiche e mentali, con lo scopo di esercitarle costantemente e così di migliorarle, per utilizzarle successivamente in maniera più proficua, suggerisce che lo sport è probabilmente antico quanto lo sviluppo dell'intelligenza umana.

 

Albori della civiltà

Per l'uomo primitivo l'attività fisica, priva dell'agonismo dei nostri giorni, era solamente un modo molto utile per migliorare la propria conoscenza della natura e la padronanza dell'ambiente che lo circondava. Egli, quasi inconsciamente, la praticava negli spostamenti che con il tempo gli hanno permesso di colonizzare l’intero pianeta. La sua attività fisica era, anche,  una danza propiziatoria, un rito sacro o un movimento atletico ai fini della caccia e della sopravvivenza.

 

 

Mesopotamia


Attorno al IV millennio avanti Cristo, presso le civiltà degli Assiro-Babilonesi, l’odierna nazione irachena, l’attività fisica era legata ad espressioni di forza e di destrezza, si esercitava il nuoto, l’equitazione, la lotta, ma erano discipline praticate per poi venir usate con profitto in guerra. Naturalmente solo le classi governanti vi si dedicavano.

 

Cina

 

Alcune testimonianze datate attorno all’anno 2700 a.C., descrivono che i Cinesi si dedicavano ad attività sportive, all’imperatore Huang-Ti, nella Cina di due millenni fa si deve la diffusione del gioco con la palla che diede origine alle molteplici variabili che presso tutti i popoli, ancora oggi, vengono praticate. Le danze e i giochi, spesso legati a cerimoniali religiosi, erano  rappresentati per propiziare la fertilità e l’abbondanza.

 

Egitto

 

Le guardie dei faraoni erano solite intrattenersi in incontri di pugilato e lotta verso il 2500 a.C.; ben documentato da geroglifici tombali trovati a Luxor è un torneo di quella che oggi chiamiamo scherma, organizzato dal faraone Ramses III.

Tempio di Luxor

 

Tempio di Luxor

Accesso al tempio di Luxor

 

 

Viale delle sfingi

 

Viale delle sfingi

 

 

Antica Grecia


 

 

  Nell’Odissea Ulisse ricorre al

  pretesto di  una gara di lancio

  con l’arco per scacciare i Proci

  che avevano insidiato sua

  moglie, la sua casa, il suo

  regno a Itaca, isola del Mar 

  Egeo di fronte alle coste

  greche.

 

 

 

 

 

In Grecia  lo sport assunse le caratteristiche di un  fenomeno di larga diffusione, per alcuni aspetti simile a quello dei tempi moderni, sia per il numero e l’importanza delle competizioni, sia per la nascita dei primi casi di professionismo e «divismo» da parte degli atleti più celebri. Per i Greci la forza e la bellezza del corpo erano qualità molto apprezzate e davano prestigio quanto l’intelligenza e la generosità d’animo.

 

              Platone,  particolare del dipinto ” la Scuola di Atene” di Raffaello 

Platone, particolare della Scuola di Atene di Raffaello

 

Il  filosofo Platone (428-348 a.C )   sosteneva che la ginnastica aveva un ruolo decisivo per il benessere dell’uomo e che l’educazione fisica  aveva pari dignità di tutte le altre materie di studio.  Queste concezioni fanno sì che i Greci organizzino le prime «Olimpiadi», giochi atletici così chiamati dal nome del santuario di Olimpia nell’Elide, regione della Grecia. È ormai certo che la prima Olimpiade avvenne nel 776 a.C.  Le Olimpiadi avevano luogo ogni quattro anni nel plenilunio tra luglio e agosto, si protraevano per cinque giorni e possedevano un carattere di festa religiosa ed evento sportivo nazionale. Per tutta la durata dei giochi le discordie e le guerre venivano sospese e gli atleti greci gareggiavano nelle varie specialità con il più alto spirito sportivo. Nel corso di tutto il mese che precedeva l’inizio delle gare, gli atleti si allenavano per verificare la loro competitività e venivano selezionati da dieci giudici di gara.
Dalla prima alla tredicesima edizione non ci fu che una gara: la corsa veloce di circa 200 metri (stadeon).

Casella di testo:  Il Discobolo di Mirone, splendida scultura  greca,  rappresenta un atleta che sta per scagliare un disco.  L’originale in bronzo è andato perduto, l’opera pervenutaci è una copia romana (detta Lancellotti), attualmente custodita nel Museo Nazionale Romano di Roma.
Copia romana del Discobolo

Successivamente, lo svolgimento dei Giochi seguì un programma fisso: la prima giornata era dedicata alla cerimonia di apertura, nella seconda si disputavano le gare di corsa, nella terza gli sport di combattimento (pugilato, lotta e pancrazio – quest'ultimo era un tipo di lotta particolarmente violento in cui tutti i colpi erano praticamente consentiti), nella quarta giornata si svolgevano gli sport equestri e nella quinta giornata si gareggiava nel pentathlon, una gara composta da salto in lungo, lancio del giavellotto, corsa, lancio del disco e lotta.

A quest’ultima disciplina partecipavano soltanto i due atleti che avevano ottenuto i migliori risultati in tutte le altre prove: un ultimo combattimento per un solo vincitore finale. L'ultima giornata era dedicata alla cerimonia di chiusura con la solenne premiazione.
La specializzazione per la conquista degli allori olimpici e una graduale decadenza di costumi portarono, già ai tempi dell’antica Grecia, alla nascita del professionismo, alla quale contribuì anche la formula olimpica secondo cui, insieme con il vincitore della competizione, si onorava anche la città di cui egli era originario.

Agli atleti furono concessi gradualmente l’esenzione delle imposte, l’alimentazione a spese dell’amministrazione cittadina e ingenti premi in denaro.

 

Etruschi

 

Nell’Italia antica, l’attività sportiva non ebbe la ricchezza di motivazioni e di sviluppi mostrati in Grecia.   Gli Etruschi (VII-IV secolo a.C.) celebravano giochi sportivi per lo più in occasioni di cerimonie funebri, ma anche nell’ambito di spettacoli organizzati dalle comunità in concomitanza di solennità cittadine e di particolari eventi politici. Gli atleti si cimentavano in specialità come il lancio del giavellotto, il lancio del disco (con rincorsa), il salto in lungo, la corsa, la lotta, il pugilato che veniva praticato con l’ausilio di elaborati guantoni “cestum” costituiti all’ esterno con strisce di cuoio e all’interno  con morbida lana.

                                                                     

Romani

 

Tra i Romani, le singole attività sportive erano praticate per esigenze militari: i giovani si allenavano al Campo Marzio, da Marte dio della guerra, e gli esercizi comprendevano l’equitazione, il tiro con l’arco, la lotta, il lancio del giavellotto, la scherma e la corsa con le armi. I Ludi, nati come celebrazioni in onore degli dèi, divennero grandi spettacoli di massa, nelle quali il popolo aveva l’opportunità di sfogare emozioni e impulsi violenti.

 

 Una ricostruzione dell'Anfiteatro Flavio, il Colosseo alla Mostra augustea della Romanità, tenutasi al Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale a Roma.

 

 

 

 

                   

Vaso romano raffigurante il” ludus gladiatorius”

 

 

 

I Ludi erano di tre tipi: quelli scenici, che si svolgevano in teatro, quelli gladiatori e quelli circensi.  Questi ultimi s’imposero definitivamente in età imperiale, Augusto ordinò i “Ludi saecularis” cantati dal poeta latino Orazio.       Di questi ludi abbiamo una testimonianza diretta fornita da una iscrizione molto dettagliata  che ci informa che si ebbero 3 giorni e 3 notti ininterrotti di sacrifici e ludi scenici, ai quali si aggiunsero 7 giorni di spettacoli, sia circensi che teatrali. La componente sportiva era relativa, era evidenziata quella violenta e spettacolare. Lotta, pugilato,  scontri armati uomo contro uomo e uomo contro belva, nonché corse di bighe e quadrighe, erano le specialità più seguite, Alle gare potevano partecipare di solito schiavi e liberti.                           

 

Medioevo e Rinascimento

Nel 520 d.C. l’imperatore Giustiniano decretò la soppressione, perché considerate pagane, delle Olimpie di Antiochia. Nel Medioevo la pratica sportiva faceva parte dei principi della cavalleria: alle sette arti liberali[2] del curriculum universitario, erano contrapposte altrettante abilità fisiche che andavano acquisite mediante la corsa, il getto, la lotta, l’equitazione, la gualdana, finta battaglia simulata da giovani armati, il torneo e le giostre. A partire dal 1232 si hanno notizie dell’origine del Palio di Siena e alla fine del 1300 si diffusero i “ludus pilae cum palma”, progenitore del tennis, e la palla a corda. Durante il periodo dell’Umanesimo e del Rinascimento, lo sport fu inteso con le sue caratteristiche attuali, cioè non più legato a presupposti di ordine etico-religioso.  Nel XV secolo Leon Battista Alberti, architetto, matematico e poeta genovese, alla corte mantovana dei Gonzaga sostenne l’integrazione tra esercizi fisici e l’insegnamento delle scienze e dei classici.

Nel 1423, Vittorino da Feltre sempre a Mantova fondò per ordine di Gianfrancesco Gonzaga, la cosiddetta “Casa giocosa”,

 

,               

Vittorino da Feltre

Ritratto di Vittorino da Feltre

 esposto al Louvre, Parigi

 

 

Nella quale gli allievi, oltre che nelle lettere, venivano educati alla pratica dell’equitazione, dell’arco, della scherma e della lotta.  

 

 

Seicento, Settecento, Ottocento

 

Fin dall’inizio del Seicento si moltiplicarono gli studi e le riflessioni dedicati all’importanza dell’attività fisica sportiva. Diversi medici pubblicarono testi sugli effetti psicologici della pratica sportiva, definendone il ruolo terapeutico e l’importanza igienica. Filosofi e letterari come Voltaire, d’Alembert, Diderot e Rousseau, indicarono nei loro trattati quanto l’attività fisica fosse determinante ai fini della formazione completa ed equilibrata dell’essere umano. John Milton, nel «Trattato sull’educazione» che scrisse nel 1644, proponeva per i figli dei gentiluomini un regime fisico di tipo spartano affinché essi potessero divenire comandanti perfetti al servizio del loro paese. John Locke, nel 1693, pubblicò «Pensieri sull’educazione», in cui raccomandava di fare molta ginnastica.  Nell’Europa del XVIII secolo si andava affermando una concezione dell’educazione fisica basata su tre scopi fondamentali: militare, sportivo (pedagogico) e igienico (medico). Soprattutto in Germania, Svezia e Inghilterra, grazie ad importanti figure di scienziati, filosofi e medici, la ginnastica e l’educazione fisica divennero materie di studio ed acquistarono progressivamente un’importanza crescente. A Friedrich Ludwig Jahn va il merito di cercare di classificare i vari esercizi, l’invenzione di nuovi attrezzi come la sbarra fissa, il cavallo, le parallele. Il suo metodo d’insegnamento era basato principalmente sulla forza, la disciplina e sull’allenamento. Jahn riconosceva un ruolo importante all’aspetto psicologico e a quello educativo, la disciplina era rigorosissima, al fine di ottenere la resistenza alla fatica e al dolore, e dure erano le prove di ardimento, per inculcare virtù pratiche per la vita sociale e per la guerra.

 

Nel nuovo Regno d’Italia

 

Dobbiamo arrivare alla fine dell’ottocento per trovare una prima obbligatorietà degli esercizi fisici nelle scuole,  nella Legge 7 luglio 1878 di Francesco De Sanctis, un illustre letterato che scritte la storia della Letteratura Italiana, si fissava  l’obbligatorietà della ginnastica negli istituti elementari, secondari, normali e magistrali maschili, poiché vi si  intravedeva“pure lo scopo di preparare i giovani al servizio militare”. Restava il problema dell’educazione fisica femminile, allora alcuni dicevano che le donne non erano portate per questa pratica mentre altri affermavano che la ginnastica, impegnando anche l’intelletto oltre al fisico, poteva impegnare le donne  nella parte intellettiva.

 

Sono così tracciate delle direttrici che, con una logica perpetuata sino alla Grande Guerra, così era chiamata la prima guerra mandiale,  e in seguito dal fascismo, introdurranno delle modalità d’addestramento “paramilitare” in seno alle istituzioni scolastiche.

 

Pierre de Coubertin

 

La crescita e l’affermazione dello sport nel Novecento si deve all’opera costante e lungimirante di molti personaggi, ma, per unanime riconoscimento, fu il francese Pierre de Coubertin il principale artefice di questo sviluppo. Rimproverando alla classe intellettuale francese di «sedere troppo spesso sul proprio cervello, trascurando il fisico», de Coubertin cercò di costruire una propria teoria relativa all’educazione fisica, restando incredibilmente affascinato dalle teorie di Thomas Arnold, direttore della celebre scuola di Rugby, in Gran Bretagna. Leggendo il celebre romanzo “Gli anni di scuola” di Tom Brown (1857) di Thomas Hughes, un allievo di Arnold, de Coubertin si commosse scoprendo la comprensione generosa e affettuosa che il professore inglese aveva dimostrato verso i suoi allievi e fu colpito dai racconti dei giochi e delle attività sportive che coinvolgevano quei ragazzi. Il barone francese si rese presto conto, con eccezionale intuizione, che lo sport, la ricreazione fisica e la ginnastica nelle scuole potevano costituire uno strumento potente per accelerare la democratizzazione e instaurare rapporti più civili tra le nazioni. A questi concetti de Coubertin collegò quanto aveva appreso dai suoi studi sull’antica Grecia sui Giochi di Olimpia. Frattanto, tra il 1875 e il 1881 una spedizione tedesca diretta da Ernst Curtius aveva riportato alla luce i resti di Olimpia, la mitica cittadina degli agoni, coloro che si scontrano, cioè gli atleti Greci; a partire dal 1889, all’età 26 anni, De Coubertin cominciò a sognare di poter trasporre le antiche usanze nei tempi moderni. Superate le iniziali difficoltà e resistenze, dal 16 al 24 giugno 1894 si tenne alla Sorbona, la famosa università parigina, un congresso composto da 79 delegati in rappresentanza di 14 nazioni e 49 società sportive, alla presenza di un folto uditorio; fu fondato il CIO, uno speciale comitato (di cui De Coubertin si riservò il ruolo di segretario), che il 23 giugno 1894 decretò che i Giochi Olimpici sarebbero tornati a vivere. Il CIO decise che l’edizione inaugurale dei Giochi, fissata in Grecia in coincidenza con le festività di Pasqua, si sarebbe svolta nei giorni

Dal 5 al 15 aprile 1896

Il manifesto di Atene 1896

Il Manifesto pubblicitario di ATENE 1896

 

Il compito più gravoso fu la ricostruzione del vecchio e grande stadio Panallenico di Atene.

 

Lo stadio di Atene

 

Inaugurazione dello stadio di Atene 1896

 

Ai primi Giochi dell’era moderna parteciparono 13 paesi del mondo; 9 gli sports contemplati.

De Coubertin auspicò costantemente che i Giochi moderni fossero animati da una devozione mistica e da un grande ideale, come in Olimpia 2500 anni prima. Egli voleva  che i Giochi fossero una gara di forza e abilità atletica, ma anche di bellezza e di cultura, come nell’antichità e, infine, una celebrazione dell’amicizia tra le nazioni del mondo. Per questo il barone sostenne l’alternanza dei paesi nel compito di organizzare le successive Olimpiadi, osteggiando la volontà dei greci, gelosi di quella che consideravano “una loro creatura”.

Del barone molti ricordano il motto “l’importante è partecipare, non vincere”; in realtà a pronunciare questa frase fu un vescovo anglicano della Pennsylvania, durante una cerimonia di saluto ai partecipanti ai Giochi di Londra 1908, il 24 giugno, nella cattedrale di Saint Paul  De Coubertin si limitò a riportarla (citando la fonte) nel corso di un banchetto qualche giorno dopo. Come da suo desiderio, il suo cuore fu sepolto ad Olimpia. Con lui è nato lo sport moderno.

 

Nell’Italia fascista

 

Predisporre, preparare e conservare energie fisiche e morali necessarie alle esigenze belliche: ecco – ideologicamente e nella prassi – quale era il compito delle scuole del regime. Fiorente divenne associazionismo ginnastico, La Scuola, lo Sport, l’Esercito divengono in questo modo un osservatorio privilegiato da cui saggiare gli sforzi compiuti dalla penisola per darsi un’identità di nazione.

        Sapri, Sfilata di giovani “balilla” [3].

                        

Martinetti[4] , proprio durante il ventennio fascista, nel Manifesto politico futurista all’esaltazione dello sport aveva dedicato, nel 1913, il seguente emblematico passaggio: “Culto del progresso e della velocità, dello sport, della forza fisica, del coraggio temerario e del pericolo, contro l’ossessione della cultura, l’insegnamento classico, il museo, la biblioteca, i ruderi. Soppressione delle Accademie e dei Conservatori. Molte scuole pratiche di commercio, industria e agricoltura. Molti istituti di educazione fisica. Predominio della ginnastica sul libro”.

Il primo Istituto ISEF per la formazione dei docenti di educazione fisica nacque proprio in questo periodo su iniziativa del prof. Gotta ed era ubicato nei pressi del Foro italico in Roma.

 

Il Dopoguerra

 

Nel decennio successivo alla seconda guerra mondiale la corsa e il  ciclismo  si imposero come sport dominanti da praticare e da seguire. Inizia, così, la spettacolarizzazione dello sport dovuto allo sviluppo abnorme di tutti i mass-media, inizia  la corsa ai  records con la medicina sportiva che fa passi da giganti.

Ottenere continue prestazioni  record  non è umanamente possibile, inizia  l’immissione sul mercato sportivo, da parte di individui senza scrupoli, di sostanze dopanti[5] assai nocive per l’organismo. L'uso di sostanze e terapie dopanti è diffuso, malauguratamente,  non solo nello sport professionistico ma anche in quello dilettantistico e perfino in quello amatoriale.

Dagli anni ‘70 sino ai nostri giorni è il calcio, lo sport più seguito e praticato   dagli italiani. Attualmente in Italia vi sono 43 Federazioni Sportive nazionali riconosciute dal CONI, Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

In questi ultimi decenni  sembra che si faccia sport solo per scolpire corpi atletici e per ottenere una linea perfetta e non per ottenere il benessere fisico e psicologico.

 

Per ottenere benefici fisici dall’attività motoria non occorre sfiancarsi nelle palestre con assunzione di farmaci pericolosi, non occorre l’agonismo che conduca  alla vittoria a tutti i costi e con tutti i mezzi, occorre solo una mezz’ora di camminata veloce al giorno a tutte le età.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sitografia

 

http://www.edusport.it

http://www.bullismo.it/

 

http://www.facchinetti.net         

 

http://www.moldrek.com/sport.htm

 

http://www.arcilettore.it/?idn=125

http://www.olimpiadi.it/prima/atene/index.html

http://it.wikipedia.org/wiki/Sport

http://www.comunedisapri.it/storia/sapri_in_fotografia_ieri.htm

 

 

 

 



[1] Facchinetti Oliviero, psicologo psicoterapeuta, nato nel 1958, vive a Trento - si è laureato in psicologia nel 1983 e si è diplomato presso la Scuola Europea di formazione in Psicoterapia Funzionale e Corporea (S.I.F.) nel 1987. è iscritto all'Ordine degli Psicologi della Provincia di Trento come “psicologo psicoterapeuta”. Le sue principali attività lavorative si svolgono presso enti pubblici, scuole o istituzioni.

 

[2] Le tre arti del trivio  introducevano alle strutture della lingua latina, all’analisi logica e semiologia e le quattro arti del quadrivio  vertevano sulla conoscenza della realtà del numero, dello spazio, dell’armonia, dei moti degli astri

[3] Balilla e Piccole italiane erano bambini e bambine, ragazzi e ragazze dagli 8 ai 14 anni, la cui divisa, ispirata a quelle delle gerarchie militari, era camicia nera, fazzoletto azzurro, pantaloni grigioverde, fascia nera e il fez come copricapo. Ogni sabato  sfilavano  per le vie di tutte le città e i paesi d’Italia con il moschetto, un vecchio fucile.  

[4] Filippo Tommaso Martinetti,  è conosciuto soprattutto come il fondatore del movimento futurista, movimento artistico italiano che disprezzava  le tradizioni politiche ed artistiche del passato.

[5] Sostanze dopanti  dal sostantivo inglese “dope”  , sostanza stimolante. E’ l'uso o abuso di sostanze o medicinali con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell'atleta. II doping è un fenomeno con cui si individua un'infrazione all'etica sia dello sport che della scienza medica